L’amore è tre vodke di fila (ovvero di quando si banalizza l’amore)

su Blink 182 – First Date

 

Nei meandri di una scatola della mia camera, zeppa di ritagli di giornale, m’è capitato recentemente di trovarci una rivista ancora intera. T’oh, che strano. Una di quelli al femminile che già mi fa domandare com’è esattamente che ce l’ho in casa.

Fatto sta che a pagina 14 ci trovo una breve intervista in serie, le stesse domande poste ad ogni numero a due personaggi differenti (e di sesso differente, immagino). Non è per nulla importante a chi siano toccate nella copia in mio ancora inspiegabile possesso, ma a leggerle, queste domande, mi son sorti diversi interrogativi.

Mi spiego.

L’innamoramento: una droga leggera o tre vodke di fila?
Ci ho provato a tramutare la questione in metafore di un qualche senso, ma senza grandi risultati. Illuminatemi se voi riuscite a trovare un criterio di risposta che sia più di una semplice preferenza fra alcool e droghe.

Classifica per sedurre: bellezza, ricchezza, cervello, humour?
Really? A parte che nessuno risponderebbe sinceramente che punta innanzitutto al salario della metà della mela. Suona un po’ come: qual è la prima cosa che osservi in un uomo (o donna, ovviamente, non fatemi precisare)? E non venitemi a dire che sono gli occhi o le fossette nelle guance, suvvia.

Ah, questa mi piace particolarmente:
Cambiarsi d’abito cinque volte prima di uscire. Segno d’amore?
Risposta: è segno che quella persona ti piace molto.
Ma che stronzata -perdonate il francesismo. Messa giù così è ben diversa da quella romanticamente imbarazzante agitazione cantata dai Blink, dove in mezzo a domande tenerissime che chiunque s’è posto fra sé e sé almeno una volta nella vita (va bene se ti prendo la mano? è sbagliato pensare che sia noioso ballare? ti piacciono i miei stupidi capelli?) c’è anche la fatidica indovineresti che non sapevo cosa mettermi?

E poi beh, domande pseudo filosofiche come sacrifici o fioretti d’amore? e la perla da che cosa capisce che è amore doc?
E vi giuro che non sono in periodo cinico, anzi. Son fresca fresca di una settimana di convivenza leggera da felice fidanzatina -avete presente mangiare la pizza ancora nel cartone guardando l’ultima stagione di Breaking Bad, cucinare le fajitas e il sugo al pomodoro con una quantità esagerata di cipolla, consumare quintalate di film e pop corn al cioccolato e il cinema in Duomo di domenica? Ecco.

E poi ci si lamenta che l’amore viene banalizzato: e certo che lo è, finché lo si ridurrà a tre vodke di fila; non si pretendono poemi e sonetti, in fondo l’amore sta anche in una vaschetta di gelato per quattro persone divorata coi cucchiaini in due. La canzone di una coppia può pure essere degli 883 o  Jovanotti, una serenata pop ideata a puntino per essere dedicata all’infinito, tanto che un domani son sicura che innamorati feriti o arrabbiati o disillusi finiranno per trovarsi seduti in cerchio raccontandosi dei diversi modi in cui avevano fatto scoprire alla loro metà della mela le lyrics della stessa canzone (ah, e grazie ad un commento di intesomale per avermi fatto nascere tale immagine nella testa).
Tutto è relativo, e, come ho detto stamattina al telefono alla cara V.: della coppia può sapere solo la coppia. Certo.
Però io, da brava nazista in certe cose qual sono, credo fermamente ci sia una lieve differenza fra chi vede l’amore come una pizza e chi come tre vodke di fila.

 

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