Anni da Pietra

Ci sono piccolegrandi cose, piccoligrandi legami che non è possibile incorniciare nella palude delle convenzioni sociali.
Come quando siete rotti, diversi, eppure ci si sa smussare gli angoli con poche parole; come quando non si ha paura di mostrare le proprie fragilità, anche se non si sa precisamente perché.
Come quando la Pietra sa cercare le radici della propria forza, nonostante sia umana e sgretolabile, ed è questa la sua oscura bellezza- così come quando l’Edera ci si appoggia a volte sopra, con leggerezza, come in un abbraccio.

 

pietraedera

In una scatola

su Il Vento – Nadar Solo feat. Il Teatro degli Orrori

Tutte le cose che ho pensato di darti, tutte quelle che avrei voluto regalarti, che ho comprato e raccolto pensando a te, tengo tutto in questa scatola.
A dire il vero una sola con il tempo non è bastata, così ho cominciato a lasciare le foglie fra le pagine dei libri, e a scordarmene buona parte. Ogni tanto mi capita ancora di scegliere qualcosa dallo scaffale e osservare la caduta lenta di una foglia autunnale ai miei piedi –e subito mi ritorni in mente.
Come se già non fossi dappertutto, non mi cadessi addosso quasi ogni passo che muovo.
A volte mi manca la tua carne fra le mie dita così tanto da dover uscire a correre, a sentire l’acido lattico indurirmi i muscoli e renderli doloranti quanto il metallo per togliere il male fisico della tua mancanza. Poi torno a casa e i polpacci sono flessibili quanto un coltello arrugginito dimenticato in un cassetto polveroso, e almeno mi distraggo dal pensare quanto ti desideri.
A volte mi sveglio nel bel mezzo della notte, o spegnendo la sveglia, non importa, ma qualsiasi ora sia sento dietro gli occhi questa sensazione di pesantezza, come se anziché levarmi un peso il sonno mi avesse solo tirato addosso altre pietre; e mi rendo conto, con una consapevolezza malinconica come la nebbia d’autunno che veglia sui campi vicino casa mia, che ti ho sognato –di nuovo. E posso aver sognato di baciarti, anche solo parlarti, forse nel mio sogno la trama non era nemmeno un granché, ma alla fine aprendo gli occhi sprofondo sempre: prima il mio subconscio, poi tutta me, al pensiero di perderti. Ti perdo sempre, quando ritorno nel mondo.
Quindi continuo raccogliere pezzi che vorrei allungarti con le mie mani e li pongo al buio da qualche parte –nella scatola che ormai non riesco nemmeno più a chiudere, fra i libri, in mezzo a qualche raccoglitore o taccuino: tutto pur di togliermeli dagli occhi. Con la speranza di svegliarmi senza il peso di averti perso di nuovo nel passaggio dal sogno alla terraferma.

 

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Frattali.

“Io lo so benissimo ormai che tu torni, come un’onda, una sinusoide, una vibrazione che segue la sua andatura ritmica. Tu per me (quindi io e te?) danziamo senza neanche rendercene conto; ma sono sicura che se i nostri movimenti, il nostro tendersi l’uno verso l’altra come due orbite cosmiche sempre diversamente secanti, si potessero tracciare in colori fluorescenti allora otterremmo un qualche tipo di frattale. Come quelli che si nascondono sotto le disposizioni degli alberi nelle foreste, o fra le pareti meno visibili delle scogliere. Nei disegni dipinti delle squame dei pesci.”

 

mauriziokaleido